

BIOGRAFIA (CON L'EPISODIO DELLA PRESA DI FIUME)
Il piacere (1889): incipit del romanzo (Zanichelli)
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Notturno (1916-1921)
https://library.weschool.com/lezione/notturno-di-gabriele-d-annunzio-analisi-critica-5767.html
Sollevo leggermente le ginocchia per dare inclinazione alla tavoletta che v’è posata.
Scrivo sopra una stretta lista di carta che contiene una riga. Ho tra le dita un lapis scorrevole. Il pollice e il medio della mano destra, poggiati su gli orli della lista, la fanno scorrere via via che la parola è scritta.
Sento con l’ultima falange del mignolo destro l’orlo di sotto e me ne servo come d’una guida per conservare la dirittura.
I gomiti sono fermi contro i miei fianchi. Cerco di dare al movimento delle mani una estrema leggerezza in modo che il loro giuoco non oltrepassi l’articolazione del polso, che nessun tremito si trasmetta al capo fasciato.
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La carta fa un fruscìo regolare che nella mia imaginazione evoca quello della risacca a piè delle tamerici e dei ginepri riarsi dal libeccio.
Posso noverare i granelli, affondarvi la mano, riempirmene la palma, lasciarli scorrere fra le dita.
La fiamma cresce, la canicola infuria. La sabbia brilla nella mia visione come mica e quarzo. Mi abbarbaglia, mi dà la vertigine e il terrore, come il deserto libico quando quella mattina cavalcavo solo verso le tombe di Sakkarah.
......
L’infermiera me lo nega, perché m’è vietato di bevere.
.......
Sento il sole dietro le imposte. Sento che c’è un’afa di marzo chiara e languida sul canale. Sento che è bassa marea.
La primavera entra in me come un nuovo tossico. Ho le reni dolenti, in una sonnolenza rotta di sussulti e di tremori.
Le grida rauche dei gabbiani, i loro scrosci chiocci, le loro risse stridenti, le loro pause galleggianti.
Il chioccolìo sciocco del merlo.
Il ticchettìo del pendolo che lega tutti gli intervalli.
Il pianto d’un bimbo non racconsolato.
A volte i suoni e i frammenti dei suoni e le pause diseguali si confondono in una sola armonia che si porta con sé la mia tristezza e qualcosa di ancor più triste che la mia tristezza.
A volte la mia attenzione li separa, li scerne, li distingue a uno a uno.
E alternamente mi fanno soffrire.
Ecco quella stilla continua nella vasca del bagno, quella stilla di caverna paurosa! Mi doventa intollerabile. Mi corrode, mi buca, mi trapassa.
Chiamo l’infermiera. Mi lagno.
A lungo ella si sforza di serrare il mastio della cannella; ma non riesce. La stilla è ostinata contro il mio male.
Prende un batuffolo di cotone, e lo introduce nella bocca della cannella. Crede di averla ammutolita.
La tregua mi dà un gran sollievo. Sono così attento al silenzio, dalla parte del bagno, che più non odo gli altri rumori.
Ahimè, la stilla ricomincia. Traversa il cotone, come lo traversa la lacrimazione fastidiosa del mio occhio fasciato.
Commento:
Il Notturno risulta perfettamente in linea con le “punte” della prosa narrativa europea del grande modernismo (Proust e Joyce). Ci troviamo di fronte all’invenzione della prosa allo stato puro: mercuriale fosforescenza di sensazioni, senza alcuna costrizione strutturale. Senza nessuna trama, ma con la più vibratile attenzione alle minutissime pieghe del fenomenico. Appunto Joyce, che non nasconderà il proprio entusiasmo per questo D’Annunzio, le chiamerà "epifanie".
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