01/12/19

Il romanzo decadente di Gabriele D'Annunzio


Notturno. 49° migliaio: G. D'Annunzio








BIOGRAFIA (CON L'EPISODIO DELLA PRESA DI FIUME)

Il piacere (1889):  incipit del romanzo (Zanichelli)



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Notturno (1916-1921)

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Ho gli occhi bendati.
Sto supino nel letto, col torso immobile, col capo riverso, un poco più basso dei piedi.
Sollevo leggermente le ginocchia per dare inclinazione alla tavoletta che v’è posata.
Scrivo sopra una stretta lista di carta che contiene una riga. Ho tra le dita un lapis scorrevole. Il pollice e il medio della mano destrapoggiati su gli orli della lista, la fanno scorrere via via che la parola è scritta.
Sento con l’ultima falange del mignolo destro l’orlo di sotto e me ne servo come d’una guida per conservare la dirittura.
gomiti sono fermi contro i miei fianchiCerco di dare al movimento delle mani una estrema leggerezza in modo che il loro giuoco non oltrepassi l’articolazione del polso, che nessun tremito si trasmetta al capo fasciato.
Sento in tutta la ia attitudine la rigidità diuno scriba egizio scolpito nel basalte.

..........

La carta fa un fruscìo regolare che nella mia imaginazione evoca quello della risacca a piè delle tamerici e dei ginepri riarsi dal libeccio.
Sotto la benda il fondo del mio occhio ferito fiammeggia come il meriggio estivo di Bocca d’Arno.
Vedo la sabbia corrugata dal ventorigata dall’onda.
Posso noverare i granelliaffondarvi la manoriempirmene la palmalasciarli scorrere fra le dita.
La fiamma cresce, la canicola infuria. La sabbia brilla nella mia visione come mica e quarzo. Mi abbarbaglia, mi  la vertigine e il terrore, come il deserto libico quando quella mattina cavalcavo solo verso le tombe di Sakkarah.
Non ho difesa di palpebre né altro schermo. Il tremendo ardore è sotto la mia fronteinevitabile.
......
Il sudore salso mi cola fin nella bocca misto alle lacrime delle ciglia compresse
Ho seteDomando un sorso d’acqua.
L’infermiera me lo nega, perché m’è vietato di bevere.

.......
Non so se io abbia più sete di acqua o più sete di musica o più sete di libertà.
Sento il sole dietro le imposteSento che c’è un’afa di marzo chiara e languida sul canaleSento che è bassa marea.
La primavera entra in me come un nuovo tossico. Ho le reni dolenti, in una sonnolenza rotta di sussulti e di tremori.
Lo sciacquìo alla riva lasciato dal battello che passa.
colpi sordi dell’onda contro la pietra grommosa.
Le grida rauche dei gabbiani, i loro scrosci chiocci, le loro risse stridenti, le loro pause galleggianti.
Il battito di un motore marino.
Il ronzìo lùgubre d’una mosca che si leva e si posa.
Il ticchettìo del pendolo che lega tutti gli intervalli.
La gocciola che cade nella vasca del bagno.
Il gemito del remo nello scalmo.
Le voci umane nel traghetto.
Il rastrello su la ghiaia del giardino.
Il pianto d’un bimbo non racconsolato.
Una voce di donna che parla e non s’intende.
Un’altra voce di donna che dice: «A che ora? a che ora
volte i suoni e i frammenti dei suoni e le pause diseguali si confondono in una sola armonia che si porta con sé la mia tristezza e qualcosa di ancor più triste che la mia tristezza.
volte la mia attenzione li separa, li scerne, li distingue a uno a uno.
alternamente mi fanno soffrire.
Ecco quella stilla continua nella vasca del bagno, quella stilla di caverna paurosa! Mi doventa intollerabile. Mi corrode, mi buca, mi trapassa.
Chiamo l’infermiera. Mi lagno.
A lungo ella si sforza di serrare il mastio della cannella; ma non riesce. La stilla è ostinata contro il mio male.
La donna sospira e dice: «Non si può.»
Prende un batuffolo di cotone, e lo introduce nella bocca della cannellaCrede di averla ammutolita. 
La tregua mi  un gran sollievo. Sono così attento al silenzio, dalla parte del bagno, che più non odo gli altri rumori.


Commento: 
INotturno risulta perfettamente in linea con le “punte” della prosa narrativa europea del grande modernismo (Proust Joyce). Ci troviamo di fronte all’invenzione della prosa allo stato puro: mercuriale fosforescenza di sensazioni, senza alcuna costrizione strutturale. Senza nessuna trama, ma con la più vibratile attenzione alle minutissime pieghe del fenomenico. Appunto Joyce, che non nasconderà il proprio entusiasmo per questo D’Annunzio, le chiamerà "epifanie".

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